martedì 25 febbraio 2014

WAE-Women Are Europe fa un bilancio e rilancia

WAE (Women Are Europe) è la rete che dall’Italia ha organizzato il supporto ai movimenti delle donne spagnole contro la gravissima offensiva fondamentalista sull’autodeterminazione nei diritti riproduttivi. Monica Lanfranco ha incontrato a Firenze Lea Fiorentini Pietrogrande per fare il punto sull’evoluzione delle rete e sulle prossime iniziative in Italia e in Europa. Riattiviamoci da tutte le regioni, è il momento di farlo proiettandosi in Europa.
Ascoltate l'intervista su www.radiodelledonne.org

giovedì 13 febbraio 2014

Rising for Justice: a Genova e dintorni

Ci vediamo per danzare con One Billion Rising a Genova, per la giustizia, contro la violenza sulle donne, venerdì 14 febbraio alle 17:30 in Via Garibaldi davanti al Municipio.
Indosseremo tutte i colori rosso e nero di OBR… Se non hai potuto partecipare alle prove non importa, se vuoi ripassare la coreografia la trovi qui:



L'iniziativa genovese è organizzata da Snoq Genova, Cgil, Spa Politiche di donne e Rete di donne per la politica, con la collaborazione con la Palestra Push & Pull, e con il patrocinio del Comune di Genova e del Municipio I Centro Est. A livello nazionale: Coordinamento OBR Italia,  • Altri appuntamenti in Liguria:
• LA SPEZIA: Piazza Mentana 
• VENTIMIGLIA: Piazza Sant'Agostino ore 17.00 

mercoledì 12 febbraio 2014

Di ritorno dalla riunione di Torino sul bilancio al femminile delle giunte 50e50

di Laura Guidetti (Marea), Genova
Condivido con voi alcune riflessioni portate alla prima riunione, svoltasi a Torino, nell'ambito del progetto per una prima valutazione, da parte delle donne, delle giunte 50e50.
Il caso Genova: alcuni dati sociali e politici che non abbiamo saputo prendere in considerazione sotto la spinta della formula 50/50, più donne nelle giunte, che sembrava di per sé efficace per introdurre un cambiamento nella politica delle amministrazioni locali.
Parto da un pensiero di fondo, che il livello di emancipazione delle donne genovesi  medio alto. Hanno avuto un ruolo importante nella resistenza; numerose sono entrate a lavorare nelle fabbriche quando mancava la manodopera maschile; hanno inaugurato il calo demografico e continuano a mantenere un tasso di natalità tra i più bassi; a Genova si verifica il più alto numero di divorzi e nei matrimoni la scelta prevalente  per la separazione dei beni;  tra le città con un maggior numero di associazioni femminili, pur con pochissima integrazione fra loro.
Altri dati (tratti da Cambiare le parole per cambiare il mondo di G. Ruggeri): 1) da un sondaggio Abacus del '99: alle donne genovesi interessa parecchio meno che alle italiane se ci sono più donne in politica 2) da una ricerca del 2007 pubblicata da Leggendaria, dedicata alle posizioni apicali delle donne, a Genova le donne ai vertici di Enti e Istituzioni erano parecchie ma non se ne erano neppure accorte, men che meno avevano avuto l'idea di fare rete a vantaggio di tutte. 3) nello stesso periodo, da un altro sondaggio Abacus somministrato alle consigliere comunali, era emerso che nessuna di loro aveva cercato il voto delle donne in campagna elettorale; dichiarando di aver fatto ogni sforzo per essere considerate come persone.
Come era possibile, con queste premesse, aspettarsi il cambiamento solo attraverso un riequilibrio numerico tra uomini e donne nelle giunte e nelle assemblee elettive? Abbiamo scambiato la forma con il contenuto: era più facile affidarsi alla formula 50/50 piuttosto che entrare nel merito dei problemi della governance in periodo di crisi economica e sociale. Chi  intervenuta in modo critico, a partire dall'altra formula dominante il dibattito, quella della trasversalità,  rimasta ai margini, con una Snoq che occupava gli spazi mediatici coprendo le voci alternative. Ben presto però abbiamo visto eclissarsi tutte quelle candidate che hanno partecipato agli incontri per promuovere le donne nella politica, sia quelle elette che non (in contatto ne sono rimaste proprio poche): andava bene la vetrina elettorale ma poi  finita lì.

sabato 8 febbraio 2014

Gioco d'azzardo: da Genova un esempio per tutte le amministrazioni

Abbiamo descritto qui le spaventose dimensioni del business del gioco d'azzardo, e le sue ancor più spaventose conseguenze sulle famiglie italiane. Ora la Liguria, grazie a Elena Fiorini, Assessora alla Legalità e diritti del Comune di Genova, dà un importante esempio alle altre amministrazioni, con un regolamento sul gioco d'azzardo tendente a disciplinare l’apertura delle sale slot. 

Per contrastare il fenomeno il regolamento impone una distanza minima di 300 metri da "luoghi sensibili" come scuole, parchi pubblici, stabilimenti balneari, e di almeno 100 metri dagli sportelli Bancomat; norme che i gestori che lucrano sulla disperazione e sulle ludopatie hanno cercato di bloccare con ben 15 ricorsi, ma invano. Il Tar ne ha infatti ritenuto legittimi i procedimenti in materia di regolamenti comunali e in base ai principi della Corte Costituzionale, limitando solo la regolamentazione degli orari, che richiederebbe apposita ordinanza sindacale: su questi il Consiglio comunale può invece dare delle linee guida. L'assessora ha così commentato: “Il Tar ha dato una sentenza importante e articolata che riconosce la piena competenza ai Comuni a disciplinare l’esercizio del gioco sul loro territorio, senza invasione di competenze statali. E’ un nuovo tassello che si aggiunge alla legge regionale per arginare il fenomeno dei mini casinò proprio di supporto ai cittadini e di supporto alle tante istanze che ci sono state da parte della cittadinanza per non vedere le persone coinvolte e rovinate dal gioco. Ci stiamo muovendo nella strada giusta per la tutela della sicurezza, dell’incolumità e della salute. L’amministrazione genovese sta dimostrando che si può fare, auspichiamo che molti comuni ci seguano su questa strada”.


Scrivono i giudici del Tar Liguria: "A conferma dell’orientamento recentemente espresso con sentenza nr. 158/2013, il ricorso è infondato e va respinto e ciò rende privo di interesse l’esame delle eccezioni in rito variamente formulate dall’Amministrazione resistente”. E questo il testo della sentenza:
La prima deduzione difensiva, con la quale si lamenta l’incompetenza del dirigente comunale all’adozione del provvedimento di diniego di installazione delle macchine di raccolta di gioco lecito di tipo “videopoker” relativamente agli aspetti disciplinanti la relativa localizzazione ai sensi della LR nr. 17/2012, va respinta con semplice richiamo alla sentenza nr. 158/2013 che ha già chiarito come tale competenza sussista ai sensi dell’art. 107 TUEL, applicabile al caso di specie trattandosi di atto ampliativo della preesistente autorizzazione commerciale per la rivendita di alcuni generi di monopolio e riconducibile al genus di cui all’art. 86 del RD 773/1931.
La seconda deduzione difensiva, secondo cui la disciplina di cui alla LR n. 17/2012 non troverebbe applicazione per le rivendite di tabacchi, è infondata, attesa la circostanza ampiamente evidenziata negli scritti difensivi del Comune di Genova, secondo cui la medesima LR distingue espressamente tra “sale giochi” e “gioco lecito nei locali aperti al pubblico” (cfr. art. 1, comma 2, che disciplina l’ambito di applicazione) e si propone, tra i suoi obiettivi, di regolamentare la distribuzione delle apparecchiature per il gioco lecito sul territorio, nell’ambito delle competenze spettanti alla Regione in ordine alla tutela della salute e delle politiche sociali, al fine di prevenire il vizio del gioco anche se lecito, condizioni, queste, cui è del tutto razionalmente preordinata una disciplina uniforme che non avrebbe senso limitare esclusivamente alle sale giochi solo perché le rivendite dei tabacchi hanno già, nel proprio patrimonio, la possibilità di rivendere altri generi di giuochi e scommesse (che non sono omogenei a quelli per cui è causa, considerate le differenze strutturali anche in termini di impatto psicologico individuale sull’utenza).
Questi ultimi argomenti conducono il Collegio a dover ritenere la manifesta infondatezza dei vari profili di incostituzionalità della norma che sono stati prospettati dalla parte ricorrente e che quest’ultima ripropone assumendo che non sarebbero stati trattati nella sentenza della Corte Costituzionale nr. 300 del 10 novembre 2011.
In particolare, è manifestamente infondato il primo motivo di illegittimità dedotto al capo nr. 4 del ricorso, con il quale si contesta la razionalità della previsione legislativa nella parte in cui colpirebbe immotivatamente le rivendite dei tabacchi che già operano in settori di gioco (come le lotterie, i gratta-e-vinci etc.) a discapito di altri locali, e con il quale si contesta altresì che la limitazione dei 300 metri dai luoghi di culto implicherebbe discriminazione religiosa: in tutta evidenza, la limitazione spaziale non colpisce alcune rivendite a discapito di altre, ed è ispirata alla tutela di determinati luoghi solo in ragione della normale utenza che vi fa capo, con evidenti implicazioni di ordine sociale che non assumono a proprio oggetto di tutela protezione di sentimenti religiosi o altri presupposti discriminanti.
Che poi l’uso delle macchine sia interdetto ai minori degli anni 18, come prospetta parte ricorrente, non ha attinenza con la disciplina delle distanze da luoghi come le scuole, dal momento che quest’ultima attiene ad un diverso profilo inerente profili di salvaguardia fattuale degli interessi che il legislatore vuole tutelare.
Analoghe considerazioni vanno quindi svolte per l’ulteriore aspetto di irrazionalità della legge che secondo parte ricorrente (al punto 4.2 del ricorso) sarebbe da ravvisarsi nella indimostrata incidenza delle distanze sulle esigenze di protezione della sicurezza urbana, viabilità, inquinamento acustico e quiete pubblica: l’installazione di macchine da gioco, già in tesi, è volta ad aumentare i servizi rivolti alla clientela delle rivendite come quella del ricorrente, e dunque astrattamente idonea ad incidere sulla quantità della clientela, con conseguente non manifesta irrazionalità della disciplina regionale.
Quanto sopra indicato circa la corrispondenza tra la disciplina delle distanze e le finalità di prevenzione sociale che la legge esplicitamente raffigura consente poi di respingere l’ultimo argomento con il quale parte ricorrente vorrebbe evidenziarne l’illegittimità costituzionale, perché non sussiste alcuna interferenza in profili di legislazione statale, che assolve invece ad altri requisiti di tipo soggettivo e di tutela dell’ordine pubblico.
Da ultimo va affrontato l’ argomento di censura secondo cui la disciplina delle distanze di cui alla LR in esame sarebbe inerente la materia della disciplina tecnica di rilievo comunitario.
Anche tale argomento di censura va respinto, dal momento che la disciplina tecnica afferisce alla dimensione ontologica del prodotto e delle sue caratteristiche di offerta, non alla localizzazione che è questione esterna ad esso e meramente territoriale, quindi estranea alle materie indicate.
Per tutte queste ragioni, dunque, il ricorso è infondato e va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna parte ricorrente alle spese di lite che liquida in € 2.000,00.
Fonte della sentenza: agenzia DIRE


sabato 1 febbraio 2014

#YoDecido: le donne liguri dicono NO alle leggi contro i diritti delle donne

1 febbraio: #YoDecido, #Womenareurope, vogliamo un'Europa laica e dei diritti. Politicafemminile, insieme alla Rete di Donne per la Politica di Genova e a tutte le donne attive nella regione, invita tutte e tutti a partecipare alla protesta contro la proposta di legge presentata dal ministro Gallardòn, che vuole spazzare via i diritti delle donne spagnole in termini di autodeterminazione e salute. 

Dalla Liguria parteciperemo alla chiamata della rete Womenareurope aderendo al mailbombing all’ambasciata spagnola. Chi vuole unirsi a noi invii la mail che segue agli indirizzi: emb.roma@mae.escog.roma@mae.esambespit@mae.es

Poiché io decido partendo dall’autonomia morale, che è la base della dignità di tutte le persone, non accetto nessun obbligo o divieto posto ai miei diritti sessuali e riproduttivi, nessun impedimento alla mia totale realizzazione in quanto persona. In quanto essere umano autonomo, rifiuto di sottostare a trattamenti degradanti , a ingerenze arbitrarie e a tutele coercitive rispetto alla mia decisione di diventare o non diventare madre.
Perché sono libera invoco la libertà di coscienza quale bene supremo e fondamento delle mie scelte. Chiamo cinici coloro che evocano la libertà per restringerla , in nome della libertà malevoli coloro che vogliono imporre i loro principi di vita fondati sulla rivelazione divina senza badare alle sofferenze che comportano. Come essere umano libero non accetto una maternità imposta e un regime di tutele che condannano le donne ad essere eterne minorate sotto il profilo dell’ età sessuale e della riproduzione.
Perché vivo in democrazie e sono democratica, accetto le regole del gioco che separano i diritti dal peccato e le leggi dalla religione. Nessuna maggioranza uscita dalle urne , può, per quanto assoluta, legittimarsi nel trasformare i diritti in delitti e obbligarci a seguire dei principi religiosi sotto ricatto penale. In quanto cittadine , esigo dai nostri governanti che preservino la democrazia e salvaguardino la pluralità anziché il dispotismo.
Perché io decido, perché io sono libera e perché vivo in democrazia, esigo dal Governo di qualunque colore sia, che promulghi leggi favorevoli all’ autonomia morale, garanti della libertà di coscienza e della pluralità e diversità di interessi.
Perché io decido, perché sono libera e perché vivo in democrazia, esigo che sia mantenuta l’attuale legge sulla salute sessuale e riproduttiva e sull’IVG per promuovere l’autonomia morale, preservare la libertà di coscienza e garantire la pluralità di interessi per tutte le donne.